A Pasqua crolla il mondo. A Pasqua succede la fine del mondo. Se si “ fa Pasqua”, niente più va avanti come prima. Tutto cambia. Si buttano via i pensieri abituali e si coltivano altri pensieri (“se siete risorti con Cristo… pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra”, così San Paolo ai Colossesi). Si butta via il lievito “scaduto”, rancido, incapace di smuovere e far fermentare alcunché (togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova… cosi ancora San Paolo ai Corinti). La grande pulizia di Pasqua deve avvenire, prima di tutto, nel cuore. Nella famiglia ebraica, alla vigilia della festa, si compiva un’accurata ispezione in tutta la casa, per cercare anche il più piccolo frammento di pane fermentato. Per noi si tratta di eliminare le vecchie abitudini, i vecchi rancori, le vecchie tendenze, i vecchi interessi. Non si fa Pasqua senza una decisa rottura con il passato. Una rottura che trova nella Pasqua la sua espressione, e attraverso la quale manifestiamo di voler morire dal peccato e risuscitare alla vita, alla fede, alla pace, al perdono, alla speranza. Nell’Eucarestia non si riceve una medicina amara, ma ci si accosta al pane che alimenta la vita nuova: un pane di fraternità, di sincerità, di giustizia, di solidarietà,di condivisione. “Fare Pasqua” non significa mutare abito ma cambiare vita. Ritrovarsi “fuori” dai nostri sepolcri, stupefatti con una gran voglia di ridere, danzare, cantare. Dio “ha fatto fare Pasqua” al suo popolo, liberandolo dalla schiavitù. Dio sopratutto “ha fatto fare Pasqua” al proprio Figlio, facendolo uscire dal sepolcro (Dio lo ha risuscitato il terzo giorno). Se essere cristiano, avere fede, significa credere alla risurrezione di Cristo, possiamo anche aggiungere che credere alla risurrezione di Cristo significa accettare che tutto cambi. Significa accettare di diventare dei risuscitati: morti alle nostre paure, alle angosce, alle tristezze, ai lamenti, liberati dai risentimenti dagli egoismi. Forse è proprio questo il paradosso della Pasqua: ritrovare le stesse cose di prima, ma nuove, “diverse”.
L’augurio e la preghiera è che tutto questo si compia in ciascuno di noi, nell’intera comunità parrocchiale. Felice e santa Pasqua.
Il Parroco Don Silvano