Categoria: Agesci Croce del sud
Il cammino di crescita del Clan. I miei buoni propositi…
“I giovani del clan (Scout) nel loro cammino di crescita usano elaborare un progetto personale di vita che periodicamente verificano con gli altri membri del gruppo. Ne pubblichiamo uno. STRADA Nel profondo del mio animo c’è un forte senso di egoismo, l’unica cosa che mi interessa realmente è il mio star bene, e tutto ciò che faccio è indirizzato al raggiungimento di questo obiettivo. A casa, nella mia famiglia, il mio impegno è quasi del tutto assente, mi limito a svolgere, controvoglia, piccole faccende dopo essere stata più volte richiamata dai miei genitori, ciò provoca un affaticamento di coloro che più di tutti si preoccupano di rendermi continuamente felice. Il mio impegno sta nel prendere iniziative nell’aiutarli, senza che ci sia bisogno della loro richiesta, di svolgere faccende di casa che a me non costano nulla ma che possono alleviarli da maggiori fatiche. A scuola purtroppo faccio il minimo indispensabile rispetto alle mie capacità perché rivolgo la mia totale attenzione su altre attività che considero più interessanti. Mi preoccupa principalmente quello che è il risultato finale di uno studio pomeridiano: il voto, l’importante è che sia un sei, questo basta, e mi rendo conto che è un atteggiamento di chi non ha ambizioni, di chi si accontenta facilmente. Il mio impegno sta nel compiere uno studio più approfondito che non sia finalizzato al ricevere un voto, ma che possa andare ad arricchire il mio bagaglio culturale. Concretamente mi impegno a studiare ogni pomeriggio tutto ciò che mi assegnano per il giorno dopo, in modo tale da non accumulare arretrati e compiere uno studio più maturo.
FEDE
Ogni domenica cerco di essere presente all’incontro con Dio in chiesa ma penso che ciò non basti. Purtroppo il rapporto che ho sempre avuto con Dio con il passare del tempo è diventato meno affiatato, a causa delle tante distrazioni che mi portano a mettere Dio sempre all’ultimo posto. Continuerò ad essere costante nel partecipare alla messa domenicale, ma voglio recuperare il rapporto con Dio prendendo l’impegno di pregare minimo due volte nell’arco della giornata, una la mattina e una la sera.
COMUNITA’
Analizzando il concetto di Comunità mi rendo conto di non avere un giudizio positivo dei componenti del gruppo di cui faccio parte; non vedo rispetto, ascolto, e tanto meno complicità, nessuno è attento ai bisogni e alle esigenze dell’altro. Non si fa altro che parlare, prendere impegni, che raramente vengono portati a termine, e ognuno pensa solo ed esclusivamente a se stesso. Eppure non penso minimamente che possa essere anch’io la responsabile di tutto ciò. Forse dovrei iniziare a farlo. Dovrei iniziare ad essere meno critica ma più pratica, dovrei essere io la trascinatrice che si pone in prima linea e, con entusiasmo, affronta ogni prova dando l’esempio. Così forse mi potrei accorgere che la nostra comunità non è poi cosi male, ha solo bisogno di essere spronata, e per questo motivo mi impegno concretamente a riportare all’interno della comunità ogni piccola cosa che scopro nella mia quotidianità che può tornare utile per la NOSTRA (mi ci metto anch’io) crescita personale.
SERVIZIO
Il mio desiderato servizio in Branco! Quando si dice “volere è potere”, da questo punto di vista posso essere un grande esempio. Ho sempre voluto che mi fosse assegnato il servizio in Branco, ma quando ho scoperto che ciò non era avvenuto mi sono mobilitata per cercare di ottenerlo a tutti i costi. Fortunatamente ci sono riuscita ed ora faccio parte anche io dei “vecchi lupi”. Ritengo di impegnarmi, di fare tutto ciò che posso, perché purtroppo c’è sempre la scuola che deve venire prima di tutto e che tante volte necessita di sacrifici. Il mio impegno sta nel continuare a fare del mio meglio, ma più concretamente nell’organizzarmi nel migliore dei modi con la scuola per cercare di essere presente anche alle riunioni della domenica mattina, a cui purtroppo non riesco a partecipare a causa dello studio eccessivo.
TERRITORIO
A livello territoriale non partecipo a nulla che possa andare a migliorare la nostra cittadina, tantomeno posso affermare di conoscere associazioni che si occupano di ciò. Le uniche iniziative che i capi clan ci propongono, o per un motivo o per un altro, non mi permettono di essere sempre presente. Mi sento in dovere di impegnarmi in questo ambito e d’informarmi su associazioni che si riuniscono, eventi che si organizzano, iniziative che vengono prese, per poi proporle alla mia comunità e cercare insieme di conoscere meglio la nostra città ed attivarci per essa.
La mia Route ad Assisi: emozioni e pensieri di un’esperienza indimenticabile!
Difficile pensare di dover buttare giù delle riflessioni con il fine di far comprendere al lettore le proprie emozioni. L’esperienza che vi racconterò è stata una delle più forti, intense, sorprendenti che io abbia vissuto finora.
La sera del cinque gennaio, dopo una tombolata con tutta la Branca rYs (clan e noviziato), ci siamo messi in viaggio per raggiungere Assisi, per conoscere finalmente, grazie alla testimonianza dei Frati Minori e dell’intero paesaggio, il coraggio di San Francesco, quello che gli ha permesso di osare, con la speranza di imparare da lui anche solo un pizzico della sua immensa bontà.
Giunti sul posto, per vivere appieno lo spirito francescano, abbiamo deciso di trascurare, almeno per qualche giorno, ciò che non era veramente essenziale per noi ma del quale purtroppo quotidianamente non riuscivamo a fare a meno.
È stata una dura prova per noi ragazzi che siamo abituati a inviare sms tutto il giorno, a fumare, che siamo sempre attaccati a cose materiali e spesso ci dimentichiamo che esiste molto altro! Però ci siamo impegnati, il più forte dava conforto al più debole, e anche se non è stato facile, presto ci siamo resi conto che i nostri giorni in Route sono passati più in fretta e in allegria.
Se oggi dovessero chiedermi: “Ma cos’ è che ti è mancato di più in quei giorni?” io riflettendoci risponderei che non mi è mancato veramente niente perché, nonostante la lontananza dal mio cellulare e quindi anche dalle persone lontane, io mi sentivo piena, e dentro di me sentivo il cuore colmo di pace, di serenità. Probabilmente era la presenza di San Francesco che faceva di quel paesaggio un piccolo assaggio di quello che deve essere il paradiso.
Non ho mai visto tanta gente e contemporaneamente tanto silenzio, la tranquillità di quel posto ti fa stare talmente bene che quando vai via senti il bisogno di pensare: “Un giorno sicuramente ritornerò!”
Ho vissuto tre giorni immersa nella bellezza di quel paesino e mi sono sentita parte di esso, con il corpo e con lo spirito. È incredibile: provare per capire! Quando ci sei dentro ti prende lo stomaco da sentirsi male e bene contemporaneamente, tutto ti coinvolge così tanto che ti senti una persona nuova… è San Francesco che veglia su di te, non si spiega diversamente!
Una delle esperienze più belle che ho vissuto è stata quando abbiamo prestato servizio presso la casa di riposo per anziani e presso il centro per bambini affetti da varie malattie, lì ho capito che alcune volte tenere per mano una vecchietta sofferente, fare una carezza a un bambino triste, vale molto di più di una conversazione virtuale su facebook, di cui oggi purtroppo siamo quasi dipendenti!
Per non parlare della sensazione che ti lascia la tomba di San Francesco…tu vai lì e ti aspetti di trovare una cappella sfarzosa, non potrebbe essere diversamente per un uomo come lui che è stato all’altezza di grandi cose. Invece no, tutt’altro, le spoglie mortali di San Francesco d’Assisi sono custodite in una semplicissima tomba di pietra; colui che per tutta la vita ha deciso di fare dell’essenzialità la sua ragione di vita, ha voluto “proseguire il suo cammino dopo la morte” in maniera altrettanto semplice.
Quello che mi sento di testimoniare dopo questa esperienza, è che ognuno di noi dovrebbe sforzarsi di imitare un pochino San Francesco, perché lui ha avuto molto coraggio e ha osato, si è distinto dalla “massa”, ha seguito la giusta via ed è riuscito a raggiungere il Signore. Se vogliamo raggiungere tutti quello stesso obiettivo, dobbiamo cercare di comportarci esattamente come lui.
Martina Salemme
Fuga dei talenti: ‘fuggire’ per vedere la realtà con nuovi occhi!
“Non so se sono un talento, sta a voi giudicarlo, sta di fatto però che sto andando via”. Così ho esordito, lo scorso 20 gennaio nell’Aula Magna della facoltà di Giurisprudenza, quando mi è stato chiesto di intervenire in occasione dell’interessante iniziativa, promossa dal Forum dei Giovani di Foggia, in occasione della quale Sergio Nava, giornalista di Radio 24, ha presentato il suo libro “La fuga dei talenti: storie di professionisti che l’Italia si è lasciata scappare”. Il libro analizza principalmente la condizione dei giovani italiani, sempre più a disagio in un ambiente, l’Italia, che rende sempre meno giustizia alle capacità e alla meritocrazia.
Per me è stata una forte emozione partecipare all’incontro, vista la mia prossima partenza alla volta dell’Inghilterra, dove avrò la possibilità, grazie alla borsa di studio del progetto Leonardo, di migliorare le mie competenze linguistiche e tecniche, svolgendo un tirocinio in un’azienda londinese. Un’esperienza coraggiosa quella che mi appresto a vivere, che mi però permetterà di allargare i miei orizzonti ed ampliare quella “vena multinazionale e multiculturale” che prima mio nonno e poi i miei zii mi hanno trasmesso. All’incontro ha partecipato anche la vicepresidente della Provincia di Foggia, Maria Elvira Consiglio, che però, a causa di impegni istituzionali, non ha avuto poi modo di ascoltare il punto di vista dei giovani talenti foggiani, tra cui quello del mio amico e “collega scout” Alessandro Di Michele.
Durante la presentazione avevo quasi i brividi, perché sentivo parlare l’autore che descriveva realisticamente l’attuale situazione del mercato del lavoro italiano: assenza di meritocrazia, scollegamento tra ruolo e competenze personali, contratti gravati da tasse, con poche reali tutele e pochissime aspettative di crescita all’interno delle imprese. Fortunatamente però non sono tutte ‘spine’ quelle che circondano questa realtà, perché le politiche giovanili stanno migliorando e si sta investendo molto di più di prima in formazione; vi parla una persona che da quando si è iscritta all’università ha ottimizzato le proprie risorse il più possibile ed ha potuto affrontare i cinque anni di studi accademici e l’esperienza Erasmus in Spagna grazie alle borse di studio. Viaggiare è importante per toccare con mano le diversità e trasformarle in innovazione, per migliorare i propri punti di vista sulle cose e per crescere. Tornare? Non so…questo per me è il tempo di andare!
Alessio Forte
Io…un laico al Capitolo Provinciale dei Giuseppini del Murialdo
Nei giorni successivi al Natale, io, Alessandro, ventitreenne che svolge il suo servizio nel gruppo scout di San Michele, ho partecipato ai lavori del Capitolo Provinciale dei Giuseppini del Murialdo.
Il Capitolo Provinciale è un momento fondamentale per la congregazione di San Giuseppe; un momento piacevole di incontro tra confratelli, di scambio di idee, di progettazione e di discussione, ma, soprattutto, è il momento in cui ci si ferma ad osservare con sguardo critico ciò che si è, ciò che è stato fatto e ciò che bisognerà fare in futuro. Fino a qui nulla di eccezionale. L’eccezionalità della cosa sta nella partecipazione dei laici (13 in tutto) a questo evento, laici a cui per la prima volta la congregazione ha aperto completamente le porte. E tra questi laici ero presente anch’io. Il Provinciale mi ha invitato a prendere parte ai lavori, dopo avermi incontrato e conosciuto al Capitolo di ambito oratori e parrocchie che si è svolto, invece, a fine agosto.
Ciò che è emerso e su cui ci è soffermati maggiormente in questi giorni è l’importanza della relazione tra religiosi e laici. Nella relazione “siamo chiamati ad essere persone che sappiano vivere e testimoniare nella reciprocità l’amore di Dio, persone che insegnino con la parola e con l’esempio come amare Dio e i fratelli, persone che sappiano davvero essere amici, fratelli e padri, presenze stabili e di riferimento”, che non siano presenti per la semplice necessità di coprire dei vuoti, ma che siano presenze significative che costantemente vivano il Carisma del Murialdo.
Viviamo un tempo di crisi, una crisi che banalmente equivale anche a un numero sempre minore di sacerdoti. Il futuro che ci aspetta è quindi un futuro in cui toccherà sempre più a noi laici assumere delle responsabilità all’interno dell’Opera. Proprio per questo risulta imprescindibile la relazione tra religiosi e laici. Bisogna imparare a convivere seppur con stili di vita e ritmi di fede differenti; cercare di costruire una rete visibile di affetto e di simpatia che tiene uniti nel carisma e nella quotidianità, fatto di interessamento reciproco, di scambio di esperienze, di profonda condivisione di momenti del proprio vissuto, di progettazione e di formazione (umana, spirituale, pedagogica, teologica e professionale).
La Famiglia del Murialdo è dunque l’orizzonte più concreto di sviluppo della nostra identità di consacrati religiosi e laici. Ogni comunità religiosa è chiamata a confrontarsi, eliminando ogni residua resistenza o inerzia o timore di vedersi espropriata o essere messa in discussione. Noi laici, invece, siamo chiamati a formarci seriamente e responsabilmente, a coinvolgerci davvero e a riflettere sul valore dell’itineranza religiosa che periodicamente ci riguarda e troppe volte non capiamo o interpretiamo, in caso di trasferimento di un Giuseppino, come un ostacolo, un torto o una negatività, mettendo gli affetti che ci legano agli uomini al di sopra del carisma.
Rispetto a ciò fondamentale risulta essere il ruolo svolto dal Consiglio dell’Opera, luogo privilegiato dell’incontro tra religiosi e laici, in cui i laici possono concretamente dare il proprio apporto sulle modalità di attuazione della condivisione del carisma, che potrà essere punto di partenza per arrivare alla piena condivisione delle responsabilità.
Alessandro Di Michele
ALT ALLA VIOLENZA, AVANTI ALLA LEGALITA’
Sabato 17 aprile 2010, un giorno indimenticabile per il gruppo scout Foggia 1, che è stato protagonista di un evento che ha coinvolto in rete molteplici realtà del nostro territorio: una marcia per la pace contro la violenza. La manifestazione fu organizzata dalla Zona Daunia dell’Agesci, con la supervisione del FOGGIA 1 e con la collaborazione di Libera, del Forum dei Giovani e della Consulta Provinciale degli Studenti, in un momento in cui i giovani di Foggia sentivano il bisogno di dire NO, di dire BASTA, alle violenze che continuavano a verificarsi nella loro città. La marcia fu preceduta da una tavola rotonda che si svolse nella struttura di piazza Mercato a Foggia. “L’importanza della legalità per la crescita umana e sociale della città”: era questo il tema dell’incontro a cui parteciparono, tra gli altri, il sostituto procuratore del Tribunale di Foggia, Enrico Infante, Gianni di Gioia dell’associazione Libera, Michele Mazzone di Meglio Foggia, Paolo Delli Carri del Forum dei Giovani, don Gernaldo Conti e i ragazzi dell’Agesci-Zona Daunia che organizzarono l’incontro stesso. La Marcia voleva essere solo il tassello finale di un percorso educativo svolto dai ragazzi che toccava i seguenti punti:
1 Costituzione e Diritti dell’Uomo: valori per la Comunità
2 La Legge: una decisione comune
3 Violare la legge: una mancanza di rispetto
4 Mi interessa, mi sta a cuore.
Cambiare le cose, sognare un mondo dove il valore della legalità non sia un’utopia ma un dato di fatto è difficile, ma non impossibile. Il veicolo giusto per raggiungere questo traguardo è quello della Partecipazione, dell’ “I Care” (mi interessa, mi sta a cuore), tanto caro a don Lorenzo Milani. L’incarnazione di questo punto fu appunto la Marcia per la pace che prese il via dalla villa comunale e si concluse con un sit-in finale davanti al Comune di Foggia, dove intervenne anche Monsignor Giovanni d’Ercole, vescovo de L’Aquila insieme a Don Gernaldo Conti.
Fu sicuramente un modo per dare un segno tangibile della presenza di tanti cittadini contrari ad ogni forma di violenza ed illegalità!
Alessio Forte
Attraverso il facile compi il difficile, attraverso il piccolo compi il grande.
Infatti le cose più difficili cominciano da quelle più facili, le cose più grandi cominciano da quelle più piccole! All’incirca un anno fa partiva dalla Villa Comunale la “nostra” marcia per la legalità che, attraversando luoghi importanti e significativi della città, arrivava fin davanti al Municipio, a cui simbolicamente urlava il suo “adesso basta, ne abbiamo viste abbastanza, è ora di cambiare!”; era un “Basta” silenzioso, che non veniva proclamato a gran voce ma che si poteva leggere nei volti di tutti i presenti, nei loro occhi. Credo, però, che ancora più importante sarebbe stato leggerlo anche negli atteggiamenti concreti dei partecipanti, quelli della vita di ogni giorno. Atteggiamenti piccoli, concreti e quotidiani, perché per compiere il difficile (far entrare il concetto di legalità nella mentalità di un territorio fortemente a rischio) è necessario partire dal facile, dalle azioni di ogni giorno. Ad un anno di distanza mi chiedo, dunque, questa marcia quali cambiamenti concreti a portato, non tanto nei nostri ragazzi, ma in noi che siamo i loro capi e dovremmo essere il loro punto di riferimento. Ci è capitato di essere in ritardo per la riunione con i ragazzi e, per evitare di perder tempo nella ricerca di un parcheggio, decidere di lasciare la macchina sulle strisce pedonali? Ci è capitato di acquistare del materiale per una attività da fare con i ragazzi e, per evitare discussioni e perdite di tempo, non dire nulla al commerciante che non ci fa lo scontrino? Ci è capitato di portare i ragazzi in uscita e, dopo un anno trascorso ad educare alla legalità e al rispetto delle leggi, accendere il fuoco in un area dove la legge non lo permette? Certo, questi sono solo piccoli problemi, scaturiti da azioni quasi insignificanti che, tuttavia, possono, nel loro piccolo, contribuire al cambiamento. Non scordiamoci che: “le cose più difficili cominciano da quelle più facili”!
La “Tenda della Solidarietà”: una grande esperienza di vita!
Il Clan protagonista di una giornata al servizio dei meno fortunati. Domenica 6 Novembre noi ragazzi del Clan abbiamo deciso di svolgere una riunione un po’ diversa dal solito, anche per uscire dal “guscio” della nostra sede. I nostri capi ci hanno infatti dato appuntamento in un bar alle ore 16.00, sede un po’ strana per una riunione scout… In ogni caso ci siamo tutti recati lì, e solo allora abbiamo scoperto il vero motivo di quella stranezza: eravamo stati chiamati ad adempire ad un’attività di servizio, uno dei punti fondamentali della Carta di Clan. Fare del “servizio” per noi significa mettersi a disposizione degli altri per aiutarli in ogni circostanza, in particolare quando si tratta di persone meno fortunate di noi. Questa era una di quelle occasioni, così ci siamo spostati presso la chiesa di S. Pio X, nel retro della quale è stata allestita la “Tenda della Solidarietà”, una grande tenda sotto la quale zingari, barboni, vagabondi e senzatetto possono sedersi insieme e consumare un pasto caldo. Oltre a questo vi è poi anche la distribuzione di vecchi abiti che, rimanendo inutilizzati, vengono donati ai meno fortunati. E’ questa la realtà in cui abbiamo svolto il servizio, e dopo aver fatto la conoscenza di altri volontari più esperti, che ci hanno spiegato il da farsi, ci siamo divisi i vari compiti: controllare il forno, preparare i piatti e servire ai tavoli. Ad altri di noi è stato invece assegnato il compito della distribuzione dei vestiti. Inutile dire quanto sia profondo il significato di quest’esperienza, che in realtà alcuni di noi avevano già vissuto lo scorso Natale, recandosi a Roma per servire nel giorno Santo alla mensa dei poveri, rinunciando alla propria famiglia ed ai propri agi. In questo caso si è trattato di una realtà decisamente più ridimensionata, ma questo non ne sminuisce il significato: è in occasioni come queste che si comprende davvero il significato della parola ”gratitudine”, e che ci si rende conto di quanto in realtà siamo fortunati, ma di quanto al contempo non ce ne rendiamo conto… A proposito di questo ci è stato raccontato dai volontari che spesso avvengano dei litigi all’interno della tenda, non tanto per il cibo quanto per gli abiti, e i volontari stessi si vedano costretti a chiudere per evitare problemi. E’ la disperazione, quella vera, qualcosa che grazie al cielo non abbiamo forse mai provato e speriamo di non provare mai!
Questo dunque l’insegnamento: renderci conto di quanto siamo fortunati e guardarci attorno, con occhi diversi, e con la consapevolezza della presenza di tante tristi realtà al di fuori di noi.
Da San Michele a Roma6, con la stessa voglia di fare!
Ciao!Sì, si…dico proprio a te, che stai sfogliando questo giornale! In fondo, se è fra le tue mani, vuol dire che c’è qualcosa che ci unisce, anche se non ci conosciamo!
Bene, le premesse sono ottime perché vuol dire che sai perfettamente quant’è preziosa la realtà di cui fai parte, conosci l’impegno che coinvolge tutte le persone che ti passano accanto quando sei seduto sotto il porticato, e vedi l’entusiasmo dei ragazzi e dei bambini che corrono in oratorio!
È in mezzo a tutta questa magia che son cresciuta, ma arriva il momento delle scelte, e non è escluso che queste ti portino lontano da “casa”!
Vivo a Roma, questo ormai è il quinto anno: ci ho messo un po’ ad ambientarmi all’inizio. La grande città, l’università, tante persone nuove! Poi, ad un certo punto, mi sono fermata e mi son chiesta cosa mi mancasse per rendere “mio” quello che vivevo…
Sono arrivate le prime risposte: mi mancava lo sguardo amico delle persone che incrociavo la domenica a Messa, mi mancava il rimboccarmi le maniche e rendermi utile, mi mancava il credere in qualcosa insieme a qualcuno, mi mancava l’essere in un posto diverso da casa e sentirmi ugualmente “a casa”! Che fare? Beh, ho cercato il Parroco della parrocchia dove andavo a messa la domenica e gli ho detto: “voglio far qualcosa” e così mi sono ritrovata catapultata in un mondo nuovo! Oggi sono la capo reparto del Roma 6, il gruppo scout della parrocchia!
Tornassi indietro lo rifarei altre 1000 volte: non mancano le difficoltà, soprattutto nell’organizzazione del tempo, che è sempre troppo poco per i miei gusti, ma… come rinunciare a tutto questo?!
In fondo, il mio compito è tenere accesa quella luce che “San Michele” mi ha messo nel cuore, e son sicura che è la stessa che brilla nei tuoi occhi!
E allora: diamoci da fare! Facciamo di tutto per lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato!
CHIAMATI A LIBERTA’
SCOUT…LA PIU’ BELLA ESPERIENZA DELLA VITA. Al chiaror del mattin ci sveglia una canzon è sorto il sol!! Così tutte le mattine iniziamo le nostre meravigliose giornate per vivere appieno tutto ciò che il Signore ci ha donato. I principi fondamentali dell’ Associazione Scout si trovano nell’ opera di Baden-Powell, fondatore dello scoutismo. Ad oggi il FG 1 conta più di 100 censiti, tutti accomunati dalla voglia di stare insieme e vivere l’avventura. Lo stile con il quale si svolgono le attività è quello dell’imparare facendo, dando così primato all’esperienza. Il metodo educativo della nostra associazione è una proposta educativa che vede i giovani come autentici protagonisti della loro crescita; deriva da una visione cristiana della vita; tiene conto della globalità della persone e quindi della necessaria armonia con se stessi, con il creato, con gli altri. Perché la più bella esperienza della vita…? Tornare stanchi da quei sentieri che sembrano impossibili, in cui abbiamo davvero pensato che non ce l’avremmo fatta, scalare le rocce sotto la pioggia, la camicia sudata, i capelli bagnati e le mani sporche, accanto a delle persone che condividono le nostre stesse emozioni, paure e soddisfazioni. Vivere immersi nell’infinito del creato, ascoltare i suoni della natura, stare attorno al fuoco a strimpellare con la chitarra e canticchiare, rievocando vecchi ricordi… Tutto questo rende la nostra vita semplice ma allo stesso tempo ricca di esperienze, amore e spiritualità.
Palazzo Stefania